Macedonio Melloni. Il calore e la luce invisibile
18 aprile/7 giugno 2015
Galleria San Ludovico – Borgo del Parmigianino 2/B, Parma
La mostra vuole ripercorrere e presentare le tappe principali della vita e della attività di scienziato e patriota di Macedonio Melloni (Parma 1798 – Portici 1854), presentando la sua pioneristica attività di ricerca, le relazioni con i maggiori scienziati contemporanei, la sua fervente attività intellettuale e la passione politica che lo contraddistinsero.
Il percorso espositivo si articola in diverse sezioni che raccontano il personaggio attraverso immagini, disegni, lettere, documenti e strumenti scientifici a lui appartenuti, che raccontano le varie fasi di un’intensa vita di ricerca, mantenendo un costante riferimento ai fatti storici e politici del tempo.
Cinque postazioni interattive, inoltre, permettono al visitatore di simulare in prima persona alcuni degli esperimenti che lo stesso Melloni mise in atto per confermare le sue teorie.
Un allestimento coinvolgente e stimolante che cerca di avvicinare i più piccoli allo studio delle materie scientifiche, approfondisce la vita di Melloni attraverso la presentazione di documenti inediti e si pone come occasione per conosce meglio di questa importante personalità di Parma.
MACEDONIO MELLONI
Macedonio Melloni è un importante fisico italiano, vissuto nel XIX secolo.
Nasce a Parma l’11 Aprile 1798. Completati gli studi secondari nella sua città, nel 1819 parte per Parigi dove frequenta lezioni di matematica e di fisica all’École Polytechnique. Nel 1824 fa ritorno a Parma dove viene nominato supplente alla Cattedra di Fisica Teorica e Pratica del professor Pietro Sgagnoni. Alla morte di Sgagnoni, avvenuta nel settembre 1827, diviene titolare della Cattedra e direttore del Gabinetto di Fisica. Durante questo periodo si occupa prevalentemente di meteorologia e di igrometria e, su suo progetto, fa costruire per il Gabinetto di Fisica una serie di strumenti, fra i quali un barometro a rubinetto. Nel 1829 apprende che, nella vicina Reggio, Leopoldo Nobili ha messo a punto un primo esemplare di termopila, apparecchio fondato sull’effetto termoelettrico scoperto da Thomas Johann Seebeck nel 1821, e intuisce subito le grandi possibilità di impiego del nuovo strumento negli studi sulla radiazione termica. Quando ha ormai gettato le basi per una serie di ricerche sul calore radiante, nel novembre 1830 è costretto a dimettersi e obbligato all’esilio. La sua prolusione pronunciata all’apertura dell’anno accademico non piace al governo di Maria Luigia d’Austria, duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla, perché vi è un chiaro elogio agli studenti francesi che hanno largamente contribuito a cacciar via da Parigi il re Carlo X nel luglio dello stesso anno.
Lasciata Parma, si reca a Parigi e poi a Firenze e nel febbraio del 1831 vi ritorna per far parte del governo provvisorio. Vi rimane fino agli inizi di marzo con l’entrata a Parma delle truppe austriache e della seguente restaurazione. Essendo stato emesso nei suoi confronti, come di per altri colleghi, docenti e patrioti, un mandato di cattura, egli è ricercato quale componente del governo provvisorio. Durante il suo peregrinare mantiene i contatti con Nobili, che a sua volta ha dovuto lasciare Reggio Emilia per Firenze in seguito a un analogo mandato di cattura, con il quale ha una breve ma intensa collaborazione scientifica. I primi risultati sono ottenuti con il termomoltiplicatore, apparecchio costruito dall’unione di una termopila e di un galvanometro astatico. Avendo avuto, per interessamento dei collegi parigini, tra cui François Arago, un incarico d’insegnamento all’Università di Dôle nel Giura francese, vi rimane fino agli inizi del 1832 quando lascia Dôle definitivamente e si stabilisce per un po’ a Ginevra, ospite di Auguste De La Rive, professore di fisica nella locale università, con il quale si lega di una amicizia che durerà per tutta la sua vita. Presso il laboratorio di De La Rive ha la possibilità di compiere da solo i primi studi sulla trasmissione del calore radiante. Il 4 febbraio 1833 presenta i suoi risultati all’Académie des sciences a Parigi. A Parigi prosegue assiduamente i suoi studi sulla trasmissione del calore radiante che gli valgono il conferimento, da parte della Royal Society, della Medaglia Rumford per i suoi meriti scientifici, la massima onorificenza del tempo per ricerche di fisica su luce e calore. Anche a Parigi l’Académie des sciences nomina una commissione di cui fanno parte François Arago, Jean-Baptiste Biot e Siméon-Denis Poisson, che esamina in dettaglio i suoi risultati ed esprime, finalmente, un giudizio altamente positivo. Il 3 agosto 1835 ha la definitiva consacrazione divenendo membro dell’Académie des sciences, la prima di una lunga serie di nomine a istituzioni scientifiche di tutta Europa. Per interessamento di Arago e di Alexander von Humboldt, naturalista e geografo tedesco, che intercedono per lui presso il principe di Metternich, nel 1837 Maria Luigia gli revoca il decreto d’esilio.
Nel 1838 rientra a Parma, dove però non rimane a lungo per l’impossibilità di avere un incarico. Accetta l’invito di re Ferdinando II di Borbone a trasferirsi a Napoli, dove il 18 marzo 1839 viene nominato direttore dell’erigendo Osservatorio Meteorologico, direttore del Conservatorio di Arti e Mestieri e professore onorario di fisica. Durante il discorso per l’inaugurazione dell’Osservatorio, avvenuta nel 1845, traccia un articolato programma di ricerche teoriche e sperimentali di meteorologia e geofisica da estendere anche ad altre parti del `regno, in un più ampio progetto di collaborazione con la Francia e l’Inghilterra. La sua volontà è di realizzare un centro di ricerca al livello di altri centri di studio europei, a dispetto delle inefficienze e delle ostilità di una parte dell’ambiente accademico napoletano.
Nel gennaio del 1848 è costretto a dimettersi da tutti i suoi incarichi per le sue idee a favore della Costituzione. Si ritira a Porticidove si dedica alla stesura de La Thermochrose, compendio e revisione critica delle sue idee sulla radiazione termica. La prima parte è pubblicata a Napoli nel 1850. Il manoscritto della seconda parte, non pubblicata, andrà perduto insieme con molti documenti e apparecchi che gli appartenevano. In questo periodo compie studi di elettrologia ed esperienze sul magnetismo residuo delle rocce laviche. Muore a Portici, vittima dell’epidemia di colera, l’11 Agosto 1854.